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3 agosto 2022

Stray: l'insostenibile leggerezza dell'essere gatti

I mondi distopici sono ormai una sorta di scelta comune nei videogiochi: ambientazioni cupe, in cui l’umanità è profondamente corrotta, oppressa da un regime totalitario o persino completamente estinta. In particolare il genere narrativo del cyberpunk ha spopolato in ambito videoludico negli ultimi anni, e di interpretazioni ce ne sono state a bizzeffe.

Già da questa premessa si può riconoscere l’ambizione e il coraggio di un’opera come Stray: titolo indipendente pubblicato da Annapurna Games e sviluppato da Bluetwelve Studio, in cui sì, ci troviamo in un mondo futuristico, distopico, popolato esclusivamente da robot… ma noi siamo un gatto.

Forse grazie al forte carattere di questa idea, o forse anche solo per il diffuso apprezzamento dei felini tra i videogiocatori, Stray ha fatto parlare di sé fin da subito, e ora che è qui sembra aver monopolizzato le discussioni videoludiche. Un traguardo non da poco, che ora cercheremo di spiegarci.

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A cat's tale

Il gioco si apre subito con un’immagine di grande sensibilità: un gruppo di gatti in un mondo deserto fa la sua vita, esplorando, giocando insieme, dormendo al riparo dalla pioggia. Uno di loro, però, perde l’equilibrio su delle tubature e precipita in un una sorta di sistema fognario sotterraneo. Al suo risveglio, il mondo che gli si pone davanti è totalmente diverso da quello che conosceva in superficie: il cielo non è più in vista, e al posto di alberi e radure ora il panorama è costituito solo da lamiere arrugginite. Qui parte l’avventura del nostro gatto, il cui unico scopo sarà quello di tornare dai suoi compagni in superficie, ma lungo la strada scoprirà molto più di quanto ci si possa immaginare.

La storia di Stray è molto semplice, priva di intrecci e di grandi colpi di scena, ma trova la sua potenza nella profondità del suo tema. La sua poesia risiede nel potentissimo contrasto tra l’immagine del felino, un animale dolce, puro e vicino alla natura umana, e il contesto distopico disastrato causato dalla prepotenza degli abitanti della terra.

I personaggi che incontreremo lungo il nostro cammino avranno un animo profondamente umano, seppur fatti di metallo, ed è facile riconoscere in essi anche i comportamenti umani che hanno portato la loro società nelle condizioni in cui versa attualmente. Il nostro scopo sarà aiutarli, migliorando la loro vita, ma anche farci aiutare nella nostra missione di ritorno a casa.

La sceneggiatura di Stray è spinta da una forte critica sociale, ma anche da un barlume di speranza, ed è certamente una delle caratteristiche che eleva il gioco e lo rende unico nel suo genere.

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La gatta sul tetto che scotta

È vero che l'esistenza di Stray è prevalentemente giustificata da motivi estetici e narrativi, ma non stiamo parlando di una visual novel o una avventura grafica pura: la componente di interattività è presente, e ha la sua importanza.

Parlare pragmaticamente delle meccaniche di gioco di Stray potrebbe risultare riduttivo, o persino fuorviante. Si tratta di un gioco che, dal punto di vista del gameplay, fa tante cose e molte le fa anche bene, ma senza approfondirle ossessivamente. Alla base, potremmo definire Stray un’avventura che si evolve e si dipana in più direzioni: acquisisce elementi platfom, puzzle o stealth, saltando da una parte all’altra a seconda della situazione.

Nonostante la grande varietà di elementi di gioco che si alternano in un tempo tutto sommato ridotto, l’identità del titolo riesce a rimanere solida e ben chiara grazie all’eccellente messa in scena. Che ci si trovi a fuggire da un branco di nemici, a saltare da un tetto all’altro o a cercare un oggetto dentro una stanza, il giocatore non prova mai sensazioni di smarrimento o ridondanza, perché ogni compito viene sempre giustificato da un elemento di trama (o sotto-trama) che lo amalgama con il contesto.

I nostri nemici si chiamano Zurk, e scappare da loro non sarà facile
I nostri nemici si chiamano Zurk, e scappare da loro non sarà facile

Il quest design e le meccaniche di gioco sono estremamente semplici, indubbiamente, ma ciò non vuol dire che siano state trattate con superficialità. Al contrario, ci sono diversi momenti di pura eccellenza, in cui viene a galla tutta la maestria degli sviluppatori, soprattutto in alcuni enigmi, nelle fasi stealth, e nelle numerose missioni secondarie, a volte di spessore paragonabile alla nostra main quest.

Se vogliamo muovere una critica, c’è da dire una cosa: è vero che i movimenti del nostro felino sono rappresentati con grande precisione, ma la nostra mobilità è tutto sommato limitata. Non ci è concesso saltare liberamente, ma solo in punti specifici attraverso un puntatore, e alcuni movimenti che potremmo avvertire come naturali per un gatto, in realtà potrebbero non risultare possibili. Questa scelta può far apparire il platforming di Stray limitante: e di fatti lo è. Non ci sentiremo liberi e leggiadri come un vero animale domestico che esplora un ambiente sconosciuto, ma saremo più degli spettatori che lo guarderanno volteggiare attraverso i tetti della città.

A controbilanciare questa disconnessione con il protagonista, sono state inserite un discreto numero di meccaniche utili a migliorare il sentimento di immersione nell’avventura: potremo graffiare diverse superfici, strusciarci sulle gambe dei personaggi facendo le fusa, addormentarci in una comoda nicchia, o anche far cadere oggetti da tavoli e ripiani. A volte si tratta di meccaniche utili ai fini del completamento delle missioni, ma spesso risulta solo un metodo fine a sé stesso per strapparci un innocente sorriso.

Le fasi stealth sono sorprendentemente ben fatte
Le fasi stealth sono sorprendentemente ben fatte

Dipingimi come una delle tue gatte francesi

Ciò che fa risplendere davvero Stray, però, è senza dubbio il comparto tecnico e artistico.

Su PlayStation 5, il gioco risulta tecnicamente ineccepibile, e i brevissimi cali di frame nelle fasi più concitate non riescono a minare la fluidità dell’esperienza complessiva. Il dettaglio del mondo da esplorare è in grado di farci sentire veramente all’interno di un territorio sconosciuto e sconfinato, stimolando la nostra curiosità.

Artisticamente, le scelte visive adottate dagli sviluppatori sono indubbiamente azzeccate: ambienti tetri, sporchi, malmessi e illuminati esclusivamente da luci al neon di un passato imperscrutabile ricordano le atmosfere di Blade Runner e Ghost in the Shell, ma non risultano mai eccessive in questo senso. Stray, infatti, è un gioco dotato di una forte ironia, che spesso viene fuori in maniera inaspettata. Scene pesanti, quasi struggenti, vengono costantemente interrotte da momenti buffi e ingenui, capaci di smorzare ogni sentimento opprimente.

Un plauso, infine, a tutto il comparto sonoro: non solo i rumori ambientali sono resi in maniera eccelsa, ma il gioco è accompagnato anche da una colonna sonora veramente godibile (persino su Spotify). Una serie di eleganti composizioni elettroniche si trasformano in vere e proprie suite industrial nei momenti più concitati, come gli inseguimenti. Un'esecuzione che non ha nulla di "indie": magari la maggior parte dei titoli ad alto budget ponessero questa attenzione alla musica nei videogiochi.

Non mancano le citazioni dai grandi classici...
Non mancano le citazioni dai grandi classici...

Storia di un gatto che insegnò alla gabbianella a volare

Dopo un conciso zig zag tra fasi di azione, momenti di dolcezza e attimi di commozione, l'avventura di Stray si conclude dopo appena 5 ore. È certamente un titolo rigiocabile, se vogliamo completare i trofei e raccogliere tutti i collezionabili, ma si tratta volutamente di un'avventura ermetica, che ha intenzione di mandare un messaggio: e lo fa.

Il finale di Stray ha la sua potenza, e ci lascia speculare su cosa succederà, adesso, ai nostri amici conosciuti nel mondo sotterraneo. Non si tratta di una conclusione shock, capace di donare crisi esistenziali o profonde riflessioni, ma il suo successo risiede proprio in questo: lasciare qualcosa senza stupire.

Come una vera opera d'arte, i BlueTwelve Studio hanno creato qualcosa di semplice, ma estremamente cosciente di ciò che vuole essere e comunicare. Un'esperienza rara da ritrovare nei videogiochi moderni, e nessuno dovrebbe perdere questa occasione.

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Note

Il titolo non è stato fornito da publisher o sviluppatore, ma recensito da una copia PS5 che l'autore ha acquistato autonomamente.

Conclusioni

( Clicca su uno dei voti per leggerne la motivazione )
8.0 Gameplay
9.0 Grafica
10 Comparto Audio
8.5 Storia/Narrazione
gamepad

Gameplay

Momenti di grande classe, a tratti geniali, si alternano a sezioni piuttosto ripetitive, ma comunque solide. La scelta della scarsa mobilità è opinabile, ma funziona.

Grafica

Artisticamente molto affascinante, tecnicamente quasi ineccepibile, è difficile parlare male dell'aspetto grafico di Stray. Forse solo qualche incertezza tecnica, e poca varietà negli ambienti.

Comparto Audio

I flebili suoni dei nostri passi felini sono accompagnati da una splendida colonna sonora, raffinata e mai eccessivamente predominante. Un lavoro impeccabile.

Storia/Narrazione

La trama di Stray è mossa da una grande sensibilità, e non vuole mai svelarci troppo, facendoci restare ammaliati dal fascino del mistero. Bel finale, ma avrei preferito qualcosa di ancora più forte.

Mentre il panorama indie rimane costellato da titoli che fanno di tutto per risultare eccessivi e sopra le righe, Stray emerge e affascina, come un gatto catapultato in una realtà cibernetica. Un susseguirsi di istanti memorabili che suscitano dolcezza e ironia, capaci di toccare corde profonde, ma con delicatezza. Stray è diverso dagli altri, nel miglior modo possibile.

8.9

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